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martedì 23 febbraio 2010

Zhǔ, Shì.

La società cinese è sempre stata molto sensibile nei confronti degli anziani. Tutta la filosofia morale del confucianesimo è indirizzata a considerare l'anziano come il depositario della cultura ed il patrimonio della memoria per la società. Potrete ben capire come questo sentire mi sia particolarmente caro, per ragioni squisitamente personali e interessate. Di certo questa posizione sta cambiando, come è naturale, visto che il sapere si sta spostando sempre più rapidamente nelle mani dei gruppi più giovani e non passerà molto che anche in Cina i vecchi verranno accantonati con fastidio come già da tempo avviene dalle nostre parti. Il sapere ed il potere marciano di pari passo e chi detiene l'uno ha contemporaneamente anche l'altro e non lo molla facilmente. In questo ha sempre aiutato la scrittura cinese che, ricca oggi, si dice, di circa 100.000 ideogrammi, di cui non più del 15% conosciuti dalle classi con cultura universitaria, possiede interi gruppi di caratteri cosiddetti specialistici (come quelli legali, medici, scientifici e altri) che sono conosciuti solo dagli addetti ai lavori. Fate conto che un documento legale, che già da noi si interpreta con una certa fatica, risulta non leggibile in Cina da qualcuno che non abbia una specifica competenza legale e così via. Una forma di potere particolarmente impenetrabile e forte dunque. Ecco come nel passato Anziano = Sapiente fosse una equazione particolarmente valida. Il Lao contrapposto allo Shao (giovane e inesperto) di cui abbiamo già parlato qui, è "colui che ha cambiato colore dei capelli" e col grigio ha acquisito esperienza e saggezza e non ci sono santi, bisogna stare a sentire quello che dice. Questa sottolineatura si ritrova in molti altri caratteri come ad esempio quelli, molto semplici, che vedete in alto (grazie Ferox). Zhǔ - 主, si compone a partire da Wang (vedi qui) che significa Re, ma sul quale è stato apposto un piccolo segno, una fiammella, cioè "Colui che ha il potere di un Re con in più o grazie al fatto che possiede la fiamma del sapere" e significa Maestro, padrone in cui si rileva sempre la commistione irrinunciabile tra sapere e potere. E' ovvio che in ogni società che si consideri civile, chi governa "deve" anche essere saggio e sapiente, cosa che era comune anche nella nostra società, un tempo, forse. Il secondo, Shì - 士, significa "uomo colto e sapiente" ed è formato dai due deogrammi più semplici che significano 10 (la crocetta) e 1 ( il trattino orizzontale) per rimarcare che di uomini di questa fatta non se ne trovano molti, sono una rarità, non più di uno su dieci. Certamente essere non troppo giovane e magari con la barba, contribuiva, in Cina, ad essere ascoltato con più attenzione e deferenza; sarà anche questo uno dei motivi per cui me la sono fatta crescere quando bazzicavo da quelle parti. Che infingardo! Eh no! Non dite così, anche questo fa parte dell'esperienza, del potere, del sapere e quindi della dovuta considerazione che meritiamo noi anziani. Le cose che diciamo sono quasi sempre molto intelligenti e degne di essere ascoltate. E con rispetto. E' chiaro? Ricordo una volta a Shanghai, che, durante una fiera nello stand vicino al mio, stava un tizio non più giovane che rappresentava diverse ditte. Rimaneva tutto il giorno appollaiato con aria sonnacchiosa vicino ad un tavolo dove si alternava una coorte di questuanti che lui trattava con una certa supponenza e liquidava con poche e certamente sagge parole. I giovanotti, dopo aver ricevuto il viatico se ne andavano con la testa bassa a svolgere i loro compiti. Quando non aveva nessuno da benedire, chiacchierava con me in un inglese molto approssimativo (sapere è potere, i cinesi infatti, sono infastiditi dal fatto che uno voglia imparare la loro lingua, cosa che farebbe loro perdere un vantaggio notevole). Una sera particolarmente fiacca, mentre sorseggiavamo un delicato thé oolong, osservamo con il distacco proprio dell'anziano, due standiste che di fronte a noi distribuivano volantini di una ditta della Mongolia interna. Così anche quella volta, il vecchio saggio volle lasciarmi una delle sue perle. Strinse un po' gli occhi per guardare meglio, poi esalò: "You know, Mister Bo, Mongolian girls are the best, because they smell of cheese" e non volle aggiungere altro chiudendosi in un silenzio meditativo. L'esperienza, ah l'esperienza!
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venerdì 12 febbraio 2010

Dalla mia finestra.


Domani sera comincia il nuovo anno in Cina e in tutto l'Oriente, ma spesso laggiù, oltre alla festa ed all'allegria , spira anche una leggera vena melanconica. Mentre dalla mia finestra, guardo il grande pino sulla montagna coperta di neve, mi ha colpito un Haiku dedicato a questo giorno, dal grande poeta giapponese Onitsura, alla fine del 1600, che ho trovato nel bel sito di Mario Polia e che giustamente annota il potente effetto onomatopeico delle due terminazioni in -shi del secondo verso, a sottolineare l'acuto sibilare del vento tra i rami coperti di neve. Chiudete gli occhi per un attimo, anche se non conoscete la lingua, provate a ripetere lentamente i versi giapponesi e ascoltate con me.

Primo giorno dell’anno,
un vento di tanto tempo fa
soffia tra i pini.

Ô–ashita
mukashi fukinishi
famatsu no kaze

domenica 7 febbraio 2010

Niù, Hù.


La prossima settimana in Cina ed per estensione in tutte le Chinatown del mondo sta per scoppiare il capodanno, la festa per eccellenza per i cinesi, che si fermeranno completamente per almeno una settimana alla faccia del lavoro indefesso. Si passerà dunque dall'anno del bue a quello della tigre. Ecco perchè oggi ho deciso, previa consultazione con Ferox, mio duca in questo campo minato, di esaminare questi due caratteri, che come molti altri, provengono dall'osservazione precisa della natura. Il bue (o bufalo) ,-niù , il segno dell'anno che se ne sta andando, è il secondo animale che accorse al richiamo del Budda morente e quindi è anche il secondo segno dell'oroscopo. Viene considerato segno di grande meticolosità e di concentrazione nel lavoro e chi è nato in questo segno è generalmente considerato molto affidabile ed apprezzato. Segnalatelo nel curriculum se intendete andare a lavorare da quelle parti, tutto serve. Nel pittogramma originale si vedevano entrambe le corna assieme alle quattro zampe; qui, nel semplificato, si vede la testa di profilo con un corno solo, ennesimo sfruttamento da parte dell'uomo. E' curioso notare che questo ideogramma unito a quello di cavallo, altro animale da fatica, significa "bestie da soma" ma, per estensione anche "contadino" .Se invece si scrive sotto il segno di tetto, che già ben conoscete vale "recinto", ma anche "prigione", il bue è mica scemo e lavora appunto come un bue perchè è costretto a farlo, ovviamente. Ma lasciamo l'anno che se ne va e osserviamo quello che arriva sotto il segno della Tigre, -hù, il terzo animale arrivato dal Budda, simbolo di carisma, fascino, fermezza, dinamicità e anticonformismo. Imprevedibili e originali, i nati di questo anno, amano il rischio ed infrangere le regole, per questo non sono molto amati dai datori di lavoro; anche qui, dunque occhio al curriculum. Lì ci badano a queste cose. Il radicale originale rappresentava solo le complesse striscie del felino sopra al segno che significa "zampe". Quindi l'ideogramma definitivo mostra la belva stilizzata, ritta sulle zampe posteriori in procinto di gettarsi sulla preda e sbranarla. Appaiato al segno di bocca, significa"le fauci della morte".Brrrrrr... Però date retta a me, se trovate qualcuno della tigre, non abbiate timore, sarà un incontro piacevole; come dice il proverbio, cinese appunto, "Chi cavalca la tigre, non vuole mai smettere."

lunedì 1 febbraio 2010

Wǒ, Nǐ, Nín.


Non c'è niente da fare , l'uomo, l'individuo, nasce prevaricatore e vuole comandare. Ci sono voluti millenni per arrivare e far accettare alla gente di buon senso la più imperfetta forma di governo, la democrazia. Quella dove alla fine la gente sta meglio, ma anche lì qualcuno ha sempre tanta nostalgia dell'uomo solo al comando;l'uomo solo poi non aspetta altro. E questa è una caratteristica comune sotto tutti i cieli della terra come dimostra l'esame dei pronomi personali cinesi. Partiamo dalla prima persona singolare, IO.L'ideogramma 我 - Wǒ, è formato come al solito da due parti, a sinistra la stilizzazione della mano (Shou) che tiene a destra una alabarda (Ge), infatti, secondo la tradizione quando un uomo tiene in mano una lancia e la brandisce, afferma il suo io, il suo potere e aggiungerei il suo desiderio di prevaricazione, la necessità di imporsi con la forza alle idee degli altri. Nella sua forma piu' antica il carattere raffigurava due lance incrociate, a rappresentare la lotta per affermare la propria volontà, tanto per cambiare. Ma se passiamo al secondo carattere, la seconda persona singolare TU, (你 - Nǐ) mi pare che l'atteggiamento filosofico taotista cinese riprenda il sopravvento , infatti accanto al segno stilizzato dell'Uomo (a sinistra) troviamo il carattere del bilancere, quell'attrezzo che i contadini cinesi portano sulle spalle con appesi due cesti o due secchi per trasportare i liquidi, che infatti sono simboleggiati dai due trattini a lato del perno centrale. Tu, ovvero la persona nostro pari che sta di fronte a noi, non è altro che un uomo in grado di trasportare il nostro stesso peso, un essere uguale a noi, di pari diglità. E guardate invece il terzo carattere 您 - Nín, quello che si usa come segno di cortesia per rivolgersi a chi ci sta di fronte, un po' come il nostro "LEI". Usa lo stesso carattere del Tu, ma sotto è disegnato l'ideogramma che significa Cuore (molto riconoscibile dalla forma del triangolo coronato da tre grossi vasi sanguigni che ne escono fuori) per significare affetto e deferenza e che viene utilizzato in tutte le parole in cui ha parte importante il sentimento. Delizioso, vero? Con questo tocco gentile, mi ritiro quindi, accompagnando il gesto con un breve inchino in linea con il post, suggeritomi per la verità dal mio maestro Ferox.