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giovedì 10 febbraio 2011

Importante!

Cari amici,

Come la maggior parte di voi sa, questo blog non è altro che uno spazio di nicchia dove, per comodità di consultazione, vengono raccolti tutti post tematici che riguardano la Cina e quella cultura, che pubblico invece insieme agli altri anche nel mio blog generalista Il vento dell'Est. Mi sembrava una soluzione valida per venire incontro a coloro che sono interessati a questi argomenti e che non vogliono perdere tempo con altre cose. Pare invece che al grande fratello (che comunque questi spazi ci concede senza farci pagare) questa impostazione non sia gradita, in quanto la classifica come copiatura di dati che intasa il web, e pertanto la penalizza nei suoi algoritmi di ricerca. Quindi mio malgrado, non proseguo nel dilatare questo spazio. Invito invece caldamente tutti quelli che amano seguirmi, a passare sul mio blog pincipale:

dove continuerò naturalmente ad occuparmi di questi argomenti.
Grazie a tutti della comprensione e vi aspetto di là.


mercoledì 2 febbraio 2011

Xīnnián hǎo.



BUON CAPODANNO A TUTTI!!!

sabato 29 gennaio 2011

Qiè, fēi.


Fare la concubina è stato sempre un mestieraccio da tutte le parti, figuriamoci in Cina, dove quel rompiscatole di Confucio voleva che tutto fosse rigidamente regolamentato e soprattutto controllato, per le tasse, mica per altro). D'accordo l'imperatore doveva rappresentare anche quello che per ogni persona doveva essere il sogno del massimo raggiungibile, quindi l'harem era il minimo a cui avesse diritto, ma non pensiamo che fossero tutte rose e fiori. Regolamento è regolamento e la morale è la morale. Che puntigliosamente predisponeva che avesse una regina, tre consorti principali, 9 di secondo rango, 27 di terzo e 81 concubine ufficiali. Inoltre i ranghi inferiori dovevano unirsi al re più frequentemente dei superiori e la regina aveva diritto ad un rapporto al mese. E non è che uno poi faceva come gli pareva, troppo comodo. Attenzione c'erano 30 dame di corte incaricate di accompagnare le aventi diritto nel letto nuziale, dove rimanevano per assistere alla consumazione prendendo diligentemente nota con inchiostro rosso (da cui "scrittura rossa" per letteratura erotica) dello svolgimento dei fatti e dei relativi risultati, trascrivendoli poi negli atti ufficiali del regno dove tutt'oggi sono visibili.


Non ci sono le foto solo perchè non avevano telefonini, ma altro che trascrizione di intercettazioni, qui siamo di fronte ad informazioni testimoniali dirette ed inoppugnabili, uno sputtanamento mediatico senza se e senza ma, soprattutto se si considerano le cilecche. Naturalmente le concubine, essendo quindi ammesse con maggiore frequenza nel talamo imperiale, si davano un sacco da fare per ottenere prebende su cui il re largheggiava, perle, anelli e gioiellame vario, oppure per avere incarichi di importanza, ma qui non c'erano santi, la Cina è sempre stata meritocratica e non c'era verso che una concubina potesse avere un posto nella amministrazione imperiale. Nel letto va bene, ma finiva lì. E' molto interessante allora, esaminare i caratteri dal significato di concubina. Due erano principalmente usati. Come vedete in entrambi ovviamente era presente il ben noto segno che significa donna (sotto in qiè e a sinistra in fēi), l'altro segno invece descrive come sempre un aspetto particolare delle concubine di quei tempi. Nel primo caso il segno superiore significa "stare diritto" (la stilizzazione di una persona ben in piedi sulla linea del terreno) per dimostrare l'orgoglio con cui queste signore valutavano la loro importanza nella considerazione e nelle decisioni dell'imperatore, su cui esercitavano comunque un potere che potremmo definire ricattatorio, mentre nel secondo carattere la donna è abbinata al segno di "fili della trama" in quanto questo tipo di donna, nell'attesa di accedere al talamo, non fa altro che tessere trame e non si allude al telaio in questo caso. In ogni caso donne travagliate e tristi che non avevano diritto, come le mogli principali, di rimanere tutta la notte accanto all'imperatore, ma che, per così dire a missione compiuta, venivano accompagnate alle loro residenze dai membri della scorta, condannate a nutrire un sordo risentimento per questa ingiustizia. A tal proposito vi lascio con una poesia del già citato libro delle Odi, Le Stelline (altra parola usata per indicare le concubine).




Siamo solo tremolanti stelline.

Timide, camminiamo nel buio

mentre la notte regna nel palazzo.

Povere donne dal destino ineguale.


lunedì 24 gennaio 2011

Il Milione 36: Templi e spezie.

Gelo e brina ci avvolgono. Voglia assoluta di sud, anche quando questo possa voler dire calore insopportabile. Eccoci quindi rientrati nella carovana di Marco Polo, ormai plenipotenziario del Khan che viaggia nell'impero descrivendone gli angoli più lontani. Ha lasciato il Tibet e si muove ormai sempre più a sud seguendo i grandi fiumi che vogliono invadere la misteriosa jungla indocinese.

Cap. 120-123

E quando l'uomo si parte da questa provincia discende per una grande china per bene due giornate e mezzo. Poscia va per 15 giornate per un luogo disabitato e sozzo ov'à molte selve e boschi con leofanti e unicorni e altre diverse bestie assai...

Certo il nostro Marco sarà rimasto impressionato dalle jungle impenetrabili che allora ricoprivano completamente i territori indocinesi, una terra selvatica, pericolosa, tra tigri, elefanti e rinoceronti, dove forse era difficile e pericoloso muoversi ma che dovevano rappresentare per un veneziano curioso del mondo una attrazione irresistibile. Teniamo conto che il suo passaggio da questa parti corrispondeva ad uno dei periodi di massimo splendore della cultura Khmer, tuttavia probabilmente alla vista assai più rozza, forse, delle raffinatissima corte del Gran Khan. Si sarà mosso attonito e stupito attorno agli stupa di Angkor wat o sarà rimasto senza fiato dinnanzi ai grandi visi di pietra del Bayon, come me che per cinque giorni mi sono aggirato tra queste straordinarie rovine, dove la jungla impietosa, come allora combatte una battaglia quotidiana con l'opera dell'uomo cercando di avvolgere e assimilarne la presenza per annullarla completamente, per annichilirla infine nel suo abbraccio mortale.

Cap. 120-123

Caugigiu (forse la Cambogia) è una provincia del levante tra Aniu (Vietnam), Mien (Birmania ) e Bangala. Sono idoli e ànno lingua loro. E quivo ànno torri di pietre ch'elle sono alte e bene dieci passi e grosse come si conviene a quell'altezza. E quivi si trova molto oro e care spezie.

Niente da fare, il mercante alla fine prevale sull'attonito viaggiatore e lo riporta sulla terra, però possiamo immaginarcelo a fantasticare sui molti affari che si potevano imbastire da quelle parti. Sicuramente ci sarà già stato un gran movimento, che allora era composto prevalentemente di pellegrini, ma lì c'era già una grande città piena di posti di ristoro, come quelli che adesso nutrono i turisti che arrivano a frotte, gustandosi magari una cua nâu bôt bâng, la zuppa cambogiana di tapioca e granchio (per la ricetta vi rimando come al solito da Acquaviva). Io masticavo le mordide palline di farina di manioca pensando alla forza che, dopo 800 anni, emerge da quei visi di pietra che ti sorridono immobili e sereni, lui forse almanaccando le differenze di prezzo del pepe nero, franco porto di Venezia, naturalmente.



venerdì 21 gennaio 2011

Un imperatore cinese.


Oggi ho la vena storica, d'altra parte, come si dice Historia magistra vitae, dunque un'occhiata al passato serve sempre ad illuminare le menti ed è utile ad allontanare il chiacchiericcio dai soliti argomenti che a lungo andare vengono a noia. Torniamo quindi in Cina, una Cina molto lontana nei tempi, dei cui sovrani rimangono solo racconti e leggende che probabilmente sono lontani dalla verità storica, ma si sa che le cose col passare dei secoli vengono sempre ingrandite, nel bene e nel male fino a descrivere fatti talmente esagerati da sembrare incredibili. Eccoci quindi al regno dell'Imperatore She Hsin, un personaggio quasi mitico, ricordato soprattutto per la sua ricchezza e munificenza ed alla descrizione delle sue favolose feste. In particolare si ricordano quelle dette del Grande Inverno, in cui si cantava la Morte del sole e che corrispondeva più o meno con il solstizio d'inverno. Come sapete i tempi in Cina, civiltà essenzialmente contadina, sono sempre state scandite dai tempi del cielo.


Dunque in questa occasione, l'imperatore, ogni anno organizzava in uno dei suoi sontuosi palazzi, feste rimaste famose per l'esagerata esposizione di ricchezza. Queste cerimonie si svolgevano alla fioca luce delle fiaccole e gli eccessi di cui si favoleggiava, preoccupavano i saggi e gli anziani del regno che non vedevano di buon occhio questi atteggiamenti del sovrano, convinti che tutto andasse a detrimento del buon governo del regno, che tra l'altro in quel periodo attraversava una fase di gravi carestie. Ma queste feste erano ormai una scadenza inderogabile e diventavano sempre più sontuose. Vi erano invitati tutti i più fedeli servitori dell'imperatore, che brigavano in tutti i modi per potervi prendere parte e si dice che venissero innalzate montagne di cibo in cui si scavavano stagni ricolmi di vino e di ogni altre rare e preziose prelibatezze.

Tutti i partecipanti dovevano bere a sazietà mentre le concubine dovevano lappare il vino dallo stagno come bestie all'abbevaratoio, tra i lazzi del partecipanti, per poi lanciarsi in danze sfrenate e nella rappresentazione di scene di antiche commedie licenziose. Poi si scatenava l'orgia, in cui l'imperatore arrivava, a detta dei suoi detrattori, a superare ogni limite umano e bestiale. La festa culminava col sacrificio dell'Imperatrice le cui carni arrostite venivano divorate dagli invitati come segno della munificenza del sovrano. L'imperatore si diceva immortale, ma come tutti i Reich millenari, il suo regno durò circa una ventina di anni. Il sacrificio di una moglie all'anno, infine non rappresentava una grossa perdita, si dice infatti che avesse 932 concubine che, pare, soddisfacesse con regolarità. Ma queste sono cose così fantasiose che pare difficile avessero un reale riscontro e si sa che questa storia esagerata e manifestamente incredibile, la scrissero i nemici del re per perseguitarne la memoria.