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lunedì 24 gennaio 2011

Il Milione 36: Templi e spezie.

Gelo e brina ci avvolgono. Voglia assoluta di sud, anche quando questo possa voler dire calore insopportabile. Eccoci quindi rientrati nella carovana di Marco Polo, ormai plenipotenziario del Khan che viaggia nell'impero descrivendone gli angoli più lontani. Ha lasciato il Tibet e si muove ormai sempre più a sud seguendo i grandi fiumi che vogliono invadere la misteriosa jungla indocinese.

Cap. 120-123

E quando l'uomo si parte da questa provincia discende per una grande china per bene due giornate e mezzo. Poscia va per 15 giornate per un luogo disabitato e sozzo ov'à molte selve e boschi con leofanti e unicorni e altre diverse bestie assai...

Certo il nostro Marco sarà rimasto impressionato dalle jungle impenetrabili che allora ricoprivano completamente i territori indocinesi, una terra selvatica, pericolosa, tra tigri, elefanti e rinoceronti, dove forse era difficile e pericoloso muoversi ma che dovevano rappresentare per un veneziano curioso del mondo una attrazione irresistibile. Teniamo conto che il suo passaggio da questa parti corrispondeva ad uno dei periodi di massimo splendore della cultura Khmer, tuttavia probabilmente alla vista assai più rozza, forse, delle raffinatissima corte del Gran Khan. Si sarà mosso attonito e stupito attorno agli stupa di Angkor wat o sarà rimasto senza fiato dinnanzi ai grandi visi di pietra del Bayon, come me che per cinque giorni mi sono aggirato tra queste straordinarie rovine, dove la jungla impietosa, come allora combatte una battaglia quotidiana con l'opera dell'uomo cercando di avvolgere e assimilarne la presenza per annullarla completamente, per annichilirla infine nel suo abbraccio mortale.

Cap. 120-123

Caugigiu (forse la Cambogia) è una provincia del levante tra Aniu (Vietnam), Mien (Birmania ) e Bangala. Sono idoli e ànno lingua loro. E quivo ànno torri di pietre ch'elle sono alte e bene dieci passi e grosse come si conviene a quell'altezza. E quivi si trova molto oro e care spezie.

Niente da fare, il mercante alla fine prevale sull'attonito viaggiatore e lo riporta sulla terra, però possiamo immaginarcelo a fantasticare sui molti affari che si potevano imbastire da quelle parti. Sicuramente ci sarà già stato un gran movimento, che allora era composto prevalentemente di pellegrini, ma lì c'era già una grande città piena di posti di ristoro, come quelli che adesso nutrono i turisti che arrivano a frotte, gustandosi magari una cua nâu bôt bâng, la zuppa cambogiana di tapioca e granchio (per la ricetta vi rimando come al solito da Acquaviva). Io masticavo le mordide palline di farina di manioca pensando alla forza che, dopo 800 anni, emerge da quei visi di pietra che ti sorridono immobili e sereni, lui forse almanaccando le differenze di prezzo del pepe nero, franco porto di Venezia, naturalmente.



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