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giovedì 28 ottobre 2010

Wáng Bā Dàn


I cinesi son persone come tutte le altre nel mondo e di certo fanno le stesse cose avendo le stesse pulsioni, ma la loro cultura, da secoli è intrisa di una incredibile pruderie, che nei modi e soprattutto nel linguaggio respinge in maniera decisa ogni forma di supposta volgarità che, come in molti altri campi, offenda il generale senso di equilibrio e di armonia. Così è inutile cercare sui vocabolari, per mettersi in pari con la lingua, espressioni volgari o anche semplici parolacce per trovare un contraltare alle nostre maniere ormai comunemente sboccate. Niente four letters words, forse neanche esistono e il mio amico Ping, nei primi anni che frequentava il nostro paese era assolutamente inorridito dal fatto che le nostre più gentili signorine avessero sempre in bocca quella parola di 5 lettere che fornisce ormai un nostro comune intercalare.


Ma allora come si fa, possibile che un popolo sia così dotato di autocontrollo da negarsi anche una semplice imprecazione o non riesca a descrivere una situazione scurrile che poi pratica come tutti, comunque assai volentieri? Ecco che spunta l'intelligenza e quindi all'espressione volgare viene sostituito un giro di parole edulcorato che lo descriva. Ecco dunque nel Sogno della camera rossa (vedi qui) che l'azione clou del sesso, viene detta il gioco della pioggia e delle nuvole e così via. Tuttavia è un po' come rincorrersi tra doping e antidoping, ogni espressione ingentilita, diventa subito, dato il suo significato, volgare e impronunciabile da chi si considera educato e il famoso libro che la conteneva è visto come licenzioso e inadatto alle signorine. Dopo tanti anni il mio amico Ping si è completamente italianizzato però e ogni tanto qualcosa gli scappa, se pur a malincuore, così quando all'indirizzo di un auto che gli aveva tagliato malamente la strada se ne uscì con uno stentoreo Wáng Bā Dàn! se pure inudibile all'esterno dell'auto, capì di averla fatta grossa e si dimostrò reticente alla mia richiesta di spiegazioni.

Vi assicuro niente prurigine, soltanto un sano desiderio di approfondimento glottologico. I tre ideogrammi sono assolutamente semplici e di facile lettura. Il primo Wáng 王, lo abbiamo già esaminato qui, significa Re o insegna reale, il secondo Bā 八, è il semplice numero 8, il terzo Dàn 蛋, significa Uovo, Ovoidale. Dunque? Intanto i primi due assieme significano L'animale che ha 8 insegne reali (piastre) e cioè la tartaruga, ben riconoscibile dal suo carapace che contiene 8 scudetti. Allora Uovo di tartaruga, trasformato in volgarissimo e impronunciabile insulto. Beh , se me lo consentite, ma si tratta di studio, significa semplicemente "stronzo", ma come mi ammonì subito Ping con il dito puntato con severità: "Però tu non dire mai!".

martedì 26 ottobre 2010

Il Milione 28: Ammassi e meritocrazia.



C'era un ristorante proprio a fianco della Città Proibita dove mi portava spesso il mio amico Ping, che serviva piatti tradizionali, anche lì adesso fanno un po' di fuffa su come si mangiava bene una volta, tutto il mondo è paese, ma le polpettine di maiale che nuotavano in un sughino denso e saporitissimo, andavano giù come l'olio (date un'occhiata alla ricetta da Acquaviva), mentre una cantante sul palco miagolava antichi motivi dell'opera di Pechino. Certo Marco Polo sarà stato quasi sempre a corte, quindi si sarà abituato a piatti più raffinati, dopo che il suo nuovo Signore gli aveva affidato incarichi importanti che gli permetteranno di girare l'Asia in lungo e in largo, intanto ci descrive molte delle istituzioni di quel mondo, sorprendentemente moderne, a partire dal sistema postale, che contava oltre 10.000 stazioni, di tre miglia in tre miglia, in tutto l'impero, con cambi di cavallo talmente rapidi da ridurre ad un decimo i tempi di consegna rispetto alle normali carovane. Ma non solo, il Gran Khan aveva istituto anche una sorta di assicurazione per proteggere il paese alle carestie.

Cap. 98


Sappiate che il Grande Sire manda messaggi per tutte le province per sapere s'egli hanno danno di loro biade o per difalta di tempo o di grilli o per altra pistilenza. E s'egli truova che alcuna sua gente abbia questo dannaggio, no gli fa torre alcun tributo, ma fagli donare di sua biada acciò ch'abbiano da seminare e mangiare. E questo è un grande fatto di un signore a farlo.


Certo è stupefacente questa comprensione dei problemi del popolo da parte di un supposto barbaro mongolo dedito solo alle conquiste ed ai saccheggi. Ma non basta, si dovevano anche prevenire i problemi e regolamentare il mercato.

Cap. 102


Quando è grande abbondanza di biade, il Sire ne fa fare molte canove d'ogni biade, come di grano, miglio, panico, orzo e riso e falle sì governare che non si guasteno, poscia quando è il grande caro, s'il fa tirar fuori. E tienlo talvolta 3 o 4 anni e fa 'l dare per lo terzo o per lo quarto di quello che si vende comunemente e in questa maniera non vi può essere grande caro.

In pratica il classico sistema degli ammassi praticato dai Consorzi agrari per regolamentare le punte di prezzo, evitando così le speculazioni del mercato. Tutto controllato efficacemente da schiere di funzionari imperiali e di ministri efficientissimi, scelti attraverso i micidiali esami da Mandarino che si tenevano nella capitale una volta all'anno, con una selezione durissima che promuoveva alle più alte cariche della amministrazione dello stato solo le eccellenze e i più capaci, sia che fossero rampolli nobili o figli di contadini delle più lontane province, secondo la tradizione confuciana. E' incredibile, pensate che rozzo barbaro, decidere di scegliere come ministri solo i più meritevoli e capaci, solo chi dimostrasse di essere davvero il più bravo! Cose di altri tempi, per fortuna oggi le cose sono cambiate e il progresso ha indicato altri meriti. Il Gran Khan era soltanto un capo tribù mongolo che pretendeva di far funzionare il suo impero, convinto che questo aiutasse la gente a stare meglio, della corruzione, poi non si preoccupava troppo, tanto quando ne beccava uno che faceva la cresta sugli appalti pubblici, zac, c'era sempre il supplizio delle mille morti.

mercoledì 20 ottobre 2010

Cè suǒ.


Torniamo ad esaminare una parola formata da due caratteri e di uso comune in Cina. Leggete con attenzione il post perché vi sarà utilissimo quando vi troverete da soli in una qualunque parte della Cina in condizioni di averne bisogno. Dunque partiamo dall'ideogramma di destra Suǒ - 所 (come avrete ormai capito si comincia sempre dalla parte finale che è quella più importante per definire il senso della frase o della parola come in latino), che è molto comune e si trova in moltissime parole complesse. E' formato da due ideogrammi semplici; quello di destra è la stilizzazione di una scure, mentre l'altro significa Porta, Stipite come si immagina vedendo il segno di quella che potrebbe essere una piccola cerniera fissata alla ciambrana. Quindi definisce una zona specifica: quella davanti alla porta dove si spacca la legna per l'inverno ed ha assunto il significato generico di Luogo, Posto, Edificio. Ma è l'ideogramma di sinistra quello assolutamente più divertente e geniale: Cè - 厕.



E' infatti composto da tre parti. Quella esterna fatta da due linee grossolanamente disposte ad angolo retto che raffigurano l'idea di una sommità, con una sporgenza da cui ci si sporge nel vuoto sopra un abisso; al disotto di questa, abbiamo un gigantesco occhio su un collo teso e al fianco la stilizzazione di una lama. Dunque ci siete arrivati? Mettiamo tutto assime. Un luogo dove da una posizione che si sporge su un buco di cui non si scorge il fondo, si sta con l'occhio sbarrato dallo sforzo mentre una lama (forse di dolore) ti trafigge. Ma benedetta gente è il Luogo del Bisogno. Più prosaicamente il Gabinetto. Qualcuno interpreta l'occhio sbarrato (che mi pare assolutamente più pittografico e pregnante), come una conchiglia, la prima forma di moneta, non il bidet, sconosciuto da quelle parti, in quanto alcuni di questi luoghi potevano essere a pagamento, ma mi pare una spiegazione più tirata per i capelli. La cosa ancora più curiosa è la sua pronuncia, appunto Cèsuo quasi identica a Cesso, cosa che vi aiuterà a ricordare il termine al momento appunto del bisogno. E non ditemi che questo non è un blog di servizio.

sabato 16 ottobre 2010

Il milione 28: Pane e cartamoneta.

Acquaviva, con le sue focaccine cinesi di cipollotti, le famose cong you bing, mi ricorda che oggi è il 5° World Bread Day. Scommetto che non lo sapevate. Certo questo è un alimento comune nelle sue più diverse forme, in ogni parte del mondo, Focacce di tutti i tipi, piadine, pizze, chapatti, nan, pittah arabe e tutta la miriade di pani lievitati salati e dolci, come i candidi e deliziosi panini con una specie di purea dolce all'interno che trovi in tutti mercati di Pekino e che Ping mi guardava mangiare golosamente, ridendo, perché par che laggiù, li mangino solo i bambini. Che bellezza lo street food! Chissà se piacevano anche a Marco Polo, mentre si aggirava negli sterminati mercati della capitale, in cerca di buone occasioni e di affari. Non dimentichiamoci che lui era soprattutto un mercante e quindi la quantità, varietà e qualità delle merci che arrivavano da ogni parte dell'impero per fare ricca e incredibile quella città, lo attiravano come un' ape sui fiori, oltre che stupirlo in continuazione.

Cap. 94

E sappiate per vero che in Cambalu viene le più care cose e di maggiore
valuta del mondo, e ciò sono tutte le cose che vegnon dall'India, come pietre preziose e perle, che son recate a questa villa e ancora che son recate dal Catai e da tutte altre province. E più mercatantie qui si vendono e qui si comprano; ché voglio che sappiate che ogni die vi viene in quella terra più di mille carrette caricate di seta, perché vi si lavora molti drappi e ad oro e a seta. E bene d'intorno a 200 miglie vegnono per comprare quello che bisogna, sicché non è maraviglia se tanta mercatantia vi viene.


E di certo con un simile giro d'affari non si poteva andare al baratto come spesso in Europa. Infatti ecco come ci racconta, e fu sbeffeggiato dai Veneziani assai per questa incredibile novità, il sistema della cartamoneta , istituito proprio da Kubilai.

Cap. 95


Or vi diviserò del fatto della seque (la zecca) e della moneta che si trova in questa città. Or sappiate ch'egli fa fare una cotal moneta dalla scorza di un albore cgelso e di quella buccia fa fare carta come di bambagia e sono tutte nere. Così egli ne fa di piccole che vagliono una medaglia di torneselli piccioli, l'altra un tornese, l'altra un grosso d'argento di Vinegia, l'altra un bisante d'oro e l'altra 2 e l'altra 5 e così fino a 10 bisanti. E tutte queste carte son suggellate dal grande sire e egli ne fa fare tutti li pagamenti in tutte le province e regni e nessuno osa rifiutare a pena della vita. E di questa moneta si paga ogni mercatantia e di perle, d'oro, ariento e di pietre preziose. E se a qualcuno si rompe o guastasi, il grande sire, incontamente gliene cambia, ma gliene lascia 3 per 100. E se qualcuno abbisogna di ariento e oro, va alla tavola e il grande Sire gliene da quanto vuole per queste carte.

Certo un sistema rivoluzionario, con tanto di oro a garanzia nei depositi di stato e cambio con tassi di commissioni, moderarti tutto sommato. Che pacchia allora come ora, passare le giornate in questi mercati, osservando, valutando, contrattando. E che nostalgia, quel passeggiare tra le bancarelle sbocconcellando un panino dolce mentre il mio amico Ping se la ride sotto i baffi che non ha.

martedì 12 ottobre 2010

Il milione 27: Uova e signorine.



Il giovane Marco si è ormai calato completamente nella realtà della grande capitale Cambaluc e per molti capitoli ce la descrive nei suoi angoli più segreti ed interessanti, un po' come facciamo noi, quando, al ritorno da un bel viaggio, raccontiamo agli amici, magari un po' annoiati, le cose che ci hanno colpito. Era forse allora la più grande città del mondo con quasi un milione di abitanti, cifre a cui gli europei non erano certo abituati e men che meno il nostro giovane mercante dopo avere vagato per anni lungo le polverose piste dei deserti asiatici. Quindi ecco che passa subito ad un argomento che doveva essere un po' il metro di giudizio per valutare questo immenso aggregato urbano. La città era divisa per zone; oltre a quellla che gravitava attorno al palazzo reale, c'era l'area dei mercati, immensa e la città dei mercanti dove si radunavano le genti che arrivavano dai quattro angoli dell'impero, con i loro bisogni da soddisfare. Il tutto circondato da borghi dove si situavano i diversi servizi e coloro che vi provvedevano. E veniamo dunque a uno di questi, che evidentemente lui riteneva piuttosto importante.

Cap. 94
...e dentro la città non osa istare niuna mala femina che fa male di suo corpo per danari, ma stanno tutte negli borghi. E sì vi dico che femmine che fallano per danari ve n'à ben 20.000 e tutte vi abbisognano per la grande abbondanza di mercatanti e forestieri che vi capitano tutto die. Adunque potete vedere se in Cambaluc à grande abbondanza di genti, da chè male femine v'à cotante com'io v'ò contato.


Evidentemente questo particolare mestiere forniva un benefit, per così dire, piuttosto richiesto, da questa massa di uomini soli in giro per il mondo a far denari ed il giro delle escort veniva considerato come una imprescindibile necessità. Pensate un po' che mondo c'era a quei tempi. Nella Cina postmaoista il discorso della prostituzione si è piuttosto sfumato. Ufficialmente non c'erano, ma si sa che la realtà è sempre diversa da come viene dipinta, quindi di tanto in tanto, probabilmente quando era necessario mostrare rigore, ne acchiappavano qualcuna e veniva mandata in un Lao Gai di rieducazione a coltivare la terra. I cinesi ufficialmente sono molto prude, quindi di queste cose non si parla, ma già una decina di anni fa, quando bazzicavo i grandi alberghi di Canton, di tanto in tanto venivo avvicinato da esili signorine che, senza l'aggressività che si riscontrava negli Inturist russi, la prendeva alla larga, lanciando occhiate languide con la testa leggermente reclinata da un lato.

Credo che gli interessati abbiano sempre trovato con una certa facilità il materiale che cercavano. Oggi mi dicono che la globalizzazione stia uniformando anche questo settore commerciale che non ha mai conosciuto crisi. Figuriamoci in quella che si avvia a diventare la più grande economia mondiale. Lasciamo quindi i nostri mercanti sparpagliati nella miriadi di locande e nei ristorantini della città del commercio a chiacchierare con sottili allusioni, mangiucchiando qualche stuzzichino in attesa di andare a cena, magari con una tazziona di Mao Tai caldo e un piattino di uova dei cent'anni, ben disposte a fettine sottili, con l'albume diventato di un trasparente traslucido dal colore ambrato, col tuorlo rassodato quasi nero, dal sapore intrigante e misterioso. In realtà bastano sei mesi a farle, mi pare, dopo averle conservate con cura sotto uno strato di calce. Per saperne di più date un'occhiata da Acquaviva qui. Ma questo è un altro argomento e ne parleremo un altra volta.

martedì 5 ottobre 2010

Il Milione 26: Spaghetti a colazione.


La carovana ormai si è sciolta; i tre Polo sono stati ricevuti con onore a palazzo (come vedete in questa miniatura medioevale che illustrava una delle prime edizioni del libro) e il buon Khan ha soprasseduto al fatto che non abbiano portato con loro i cento saggi cristiani, evidentemente giudicando che una religione che lo snobbava, avesse poca credibilità essa stessa. Stimandoli, ha assegnato loro incarichi importanti e il giovane Marco deve essere piaciuto subito. Ma padre e zio non hanno tempo da perdere e si buttano subito negli affari. Possiamo immaginare invece che Marco, colpito dalla ricchezza e dalla potenza del luogo, sia rimasto un poco in una fase di attonita meraviglia a considerare e ruminare il nuovo che lo circondava. Infatti per molti capitoli prosegue la descrizione della corte e della sua magnificenza, delle grandi feste e della sontuosità che le accompagnavano.

Cap. 88/94

E quando lo sire viene alla mastra città di Cambaluc, egli dimora nello palagio. Tiene grande corte e grandi tavole e grande festa e mena grande allegrezza con tutte sue femmine... E fanno loro festa a capo d'anno del mese di febbraio. Egli e sua gente si vestono di vestimenta bianche perché a loro prenda tutto l'anno bene e allegrezza. E la mattina di quella festa , prima che le tavole siano messe, tutti vengono a la sala dinanzi al grande Khane e quegli che qui non cappiono dimorano al di fuori dal palagio.

Questi favolosi banchetti diedero senza dubbio la possibilità a Marco di conoscere la grande varietà della cucina cinese, a lui così estranea ed esotica, che evidentemente lo colpì a tal punto che tradizione vuole, ne abbia portate molte cose al suo ritorno in Italia, piatti e tradizioni entrati poi a far parte anche della nostra cucina e ormai diventati tipicamente italiani, come gli agnolotti, la pizza (che in cina era più un calzone, diremmo oggi) e appunto gli spaghetti. Chi ha visto un cuoco fare a mano gli spaghetti, non può che essere rimasto affascinato da questo spettacolo di destrezza di giocoleria più che di culinaria. E ritorno proprio ad un capodanno di qualche anno fa, dietro la Città Proibita, dove ordinati gli spaghetti, ci disponemmo a goderci il cuoco che, preparato un grumo di pasta, attraverso stiramenti successivi e duplicazioni susseguenti (ad ogni raddoppio, raddoppia anche il numero degli spaghetti; sei duplicazioni fanno quindi 64 spaghettoni che vengono buttati poi nell'acqua bollente) preparava in meno di un minuto una bella porzione. Non trovo per il momento il mio video ma solo la foto, quindi vi allego quello tratto da Youtube, che è sostanzialmente identico. In pratica l'apoteosi della pasta fresca e preparata al momento. Troverete interessanti riferimenti storici, nonché le ricetta dalla nostra vivandiera Acquaviva. E poi a pancia piena, via ad esplorare la città piena di genti mai viste, merci, colori, sensazioni ed esperienza. Cosa troverà Marco, finita la festa a palazzo, quando si butterà nella sterminata città dei mercanti?