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domenica 5 luglio 2009

Essere o non essere.



Oggi, sempre nel disperato tentativo di indagare una lingua per tentare di capire l’anima di un popolo, voglio, con l’aiuto dell’amico Gianni e del suo vecchio maestro Don Ming, mettere a paragone due ideogrammi molto comuni nella lingua parlata e scritta. Il primo, la cui pronuncia è Mù, significa legno, albero e viene interpretato come la stilizzazione della linea orizzontale che rappresenta la superficie terreste, al disopra della quale si erge il fusto e al disotto della quale campeggia un robusto apparato radicale, in quanto senza radici robuste non c’è possibilità di esistenza piena. Il legno è anche uno dei cinque elementi fondamentali che costituiscono l’universo della scientificità prearistotelica cinese. Mù è la vita che cresce, che riempie la terra del sé, che rende cosciente la materia. Nel secondo ideogramma, Bù, invece, la presenza delle radici sotto la linea della terra, non dà luogo a nulla, non crea vita, rimane sterile e senza frutti, rimane di per sé il simbolo della non esistenza, del non essere e come tale viene usato come negazione del verbo essere. La mancanza di vita, di crescita, di presenza, nega l’esistenza, infatti per il verbo avere si usa un altro tipo di negazione. La morte, come non vita, il nulla assoluto, la negazione. Forse questa gente ha pensato molto in passato, non credo che si limiterà in futuro a produrre solo batterie difettose che scoppiano appena messe nei telefonini; non sottovalutiamo nessuno.

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