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lunedì 23 febbraio 2009

Rosso corallo

Il rosso è il colore del corallo, è il colore della gioia, della bellezza. Di questo colore devono essere le labbra di una donna. E deve avere la bocca piccola, gli occhi rotondi e delicati piedi minuscoli." Questo mi ripeteva sempre Chen, a Xi An, quando andavamo a cena tra le bancarelle del mercato notturno. Guardava le ragazze, dietro i banconi con l'occhio pensoso del mandarino che sceglie le concubine per il figlio. Aveva conosciuto la fame, Chen; era piccolo durante la grande carestia che uccise in Cina più di trenta milioni di persone e mi raccontava di sua madre che andava lungo i fossati, in campagna a cercare erba e radici da far bollire per dare una minestra alla famiglia, catturando se aveva fortuna, qualche rana o altro che si muovesse tra le canne. Erano stati anni terribili, per questo guardava con occhi sereni e compiaciuti l'abbondanza di cibi e di merci che traboccano da tutti i mercati cinesi. Era magro, con le guance incavate e gli occhi lievemente inespressivi, imperscrutabili. La fame antica non lo aveva reso vorace come capita a molti che hanno avuto questa esperienza di vita, ma mangiava poco e lentamente, senza il consueto rumoreggiamento di risucchi; guardandosi intorno, osservando, apparentemente indifferente, con le labbra atteggiate ad un leggero sorriso. Orgoglioso, ma pacato, con un atteggiamento di nobiltà nei modi e nella postura che non si impara, ma ci si porta dalla nascita. Parlava un italiano perfetto, con termini ricercati e precisi ed una pronuncia inusuale per un cinese, senza confondere la r con la l, imparato in una dura scuola e proseguita in anni trascorsi all'Ambasciata in Italia con compiti sfumati. Sceglieva le parole con cura e le diceva a voce bassa e suadente, guidandomi nella tortuosità dei contatti e dei complessi schemi di cortesia del suo paese. Rideva, ma sommessamente, dei miei tentativi di compitare qualche semplice carattere o mentre modulavo le diverse tonalità della pronuncia cinese. "Hai detto cavallo, non madre, signor An Li Ke." e mi correggeva con delicatezza. Sembrava sorridere della mia frustrazione di aver speso giorni in una estenuante trattativa per un impianto per produrre yogourth non andata a buon fine. Era come estraneo alla concitazione del business ed alla furia affaristica che percorreva il paese. Troppo nobile per farsi coinvolgere, troppo Tao per agitarsi per gli insuccessi. Lo turbava solo la bellezza delle foglie giovani del bambù, la nebbia azzurra che saliva sulle colline lontane, il pallido sole del tramonto, le carpe dalle scaglie dorate del lago, il rosso corallo delle labbra ed i piccoli piedi delle ragazze. Rimase poco con noi, di corsa in un mondo che gli apparteneva poco. Aveva mani lunghe e sottili Chen di Xi An.

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