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lunedì 15 marzo 2010
Zhòng.
Chi è stato in Cina lo sa. Se cammini per una città cinese, sia per strada, sia in un parco, che in un qualsiasi luogo pubblico è molto difficile che si possa provare il senso della solitudine, la sensazione agorafobica di vuoto, di mancanza della presenza umana. Dovunque e comunque sei circondato, premuto, affastellato da una moltitudine infinita di persone, una calca infernale che scorre ai tuoi lati e davanti e dietro di te senza quasi lasciarti lo spazio per respirare. Se avete dei problemi a stare in mezzo alla folla in spazi ristretti, la Cina non è il vostro posto, diciamo che praticamente siete perennemente circondati da persone indaffarate alle quali, tra l'altro, questa densità mostruosa non dà alcun fastidio apparente. Le stazioni sono luoghi ben rappresentativi di questa situazione. Appena varcato un ingresso, debitamente incanalati in un flusso di persone, ci si trova imbottigliati in ambienti dove non è possibile muoversi con facilità in una direzione scelta, specialmente se non si sa ancora con precisione dove si deve andare, ma si viene, per così dire portati da una corrente principale che si muove all'interno della massa vivente, bisogna allora cercare di defluire lateralmente alla corrente stessa per potere uscire dal fiume e riuscire a fermarsi ai lati, dove stazionano grandi gruppi di persone intente a mangiare, a chiacchierare o semplicemente a riposare, per decidere il da farsi ed individuare quale sarà il giustro refolo di folla che vi porterà nel luogo da voi prescelto. Il tutto molto chiassoso e condito con spinte e pressioni da ogni parte, tutte considerate regolari e non da ammonizione. Però la folla disordinata ha un suo ordine intrinseco e si governa in vari modi, con cartelli, con ordini dati con voce stentorea, con sistemi ammiccanti e suasivi. In effetti la lingua cinese, che come sappiamo descrive i concetti con dei segni e spesso con dei pittogrammi, non ha dubbi per rappresentare la folla. Ben conosciamo il simbolo dell'omino in piedi con le gambe aperte che significa appunto Uomo, persona (Ren). Ebbene basta vergarne tre di omarini, due in basso e uno sopra per rappresentare con un gruppetto di uomini quasi visti in prospettiva, ottenendo Zhòng - 众, la folla, la moltitudine, tanti uomini raccolti nello stesso posto. Magari da portare in piazza, da fare marciare ordinatamente, da mettere al lavoro nei campi o anche da lasciare tutti assieme anche se separatamente davanti ad una televisione, da cui si può parlare, convincere, indottrinare. Cosa non facile da fare, perchè non è da tutti avere la capacità di accalappiare la folla, così mutevole e ondivaga. Bisogna avere capacità, mezzi e grande determinazione, doti che sono appannaggio di pochissimi, gli altri invece andranno bovinamente ad aggiungersi ai tre omini del carattere di oggi, un altro segnetto nel mucchio, un altro mattoncino nel muro perchè è così facile, così semplice, così tranquillo e senza pericoli seguire la folla gridando viva o abbasso. Ecco perchè il proverbio cinese dice: "E' più facile seguire la folla, che farsi seguire da essa".
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Più che il discorso sul potere di indirizzare la folla mi viene un'altra considerazione: graficamente questo carattere descrive la moltiplicazione di un individuo, ma la folla cinese come tu la descivi mi sembra invece un annullamento dell'individualità personale...
RispondiEliminaLa folla è sempre uguale, sia che dia l'assalto ai forni a Milano o al palazzo d'inverno, acefala e facilmente governabile.
RispondiEliminaquanto apprezzo le citazioni storiche, al posto dei solti esempi da stadio...
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